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      Bayle, dic'egli, dopo di aver insultato a tutte le religioni, vilipènde la cristiana. Ardisce d'asserire che veri cristiani non formerèbbero uno Stato il quale potesse sussistere. Perchè no? Sarèbbero cittadini sommamente illuminati sui loro doveri e che avrèbbero grandissimo zèlo per adempirli. Sentirèbbero benissimo i diritti della difesa naturale; quanto più crederèbbero di dovere alla religione, tanto più crederèbbero di dovere alla patria... Cosa mirabile! La religione cristiana, che non sembra avere per oggètto se non la felicità dell'altra vita, fa ancòra la felicità nòstra in questa (v. Spirito delle leggi, lib. III, cap. VI).
      E più oltre:
      Egli è un ragionare malamente contro alla religione, l'adunare in una grand'òpera una lunga enumerazione de' mali che con lèi vennero, se non si fa pure quella dei bèni da lèi cagionati... Chi volesse raccontare tutti i mali prodotti nel mondo dalle leggi civili, dalla monarchia, dal govèrno repubblicano, dirèbbe còse spaventevoli... Se ci sovvenissero le stragi continue de' re e dei capitani grèci e romani, la distruzione de' pòpoli e delle città fatta da que' condottièri, le violènze di Timur e di Gengiskan che devastarono l'Asia, troveremmo che dèesi al cristianesimo e nel govèrno un certo diritto politico, e nella guèrra un cèrto diritto delle gènti, delle quali còse la natura umana non potrèbb'èssere abbastanza grata (ivi, l. XXIV, c. II. e III).
      Il grande Byron, ingegno meraviglioso, che sì sciaguratamente s'avvezzò ad idolatrare or la virtù ora il vizio, or la verità or l'errore, ma che pur èra tormentato da viva sete di verità e di virtù, attestò la venerazione ch'egli èra costretto d'avere pèr la dottrina cattòlica.


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Dei doveri dell'uomo
di Silvio Pellico
Casa Editrice Italiana Milano
1873 pagine 79

   





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