Quelli sono più colpevoli dei veri increduli, e ve n'ha molti.
Io, che fui di siffatti, so che non si èsce di quello stato senza sfòrzo. Operalo, se tu mai vi cadi. L'altrui scherno nulla pòssa su te quando si tratta di confessare un degno sentimento; il più degno de' sentimenti si è quello di amar Dio.
Ma nel caso che tu abbia a passare da false dottrine o da indifferenza alla sincera professione della fede, non dare agl'incrèduli lo scandaloso spettacolo della ridicola bacchettoneria e de' pusillanimi scrupoli; sii umile innanzi a Dio ed innanzi ai mortali, ma non èssere mai dimentico della tua dignità di uòmo nè apostata della sana ragione. La sola ragione di chi insuperbisce ed òdia è contraria al Vangelo.
CAPO SESTO.
Filantropia o carità.
Unicamente mediante la religione l'uòmo sènte il dovere d'una schiètta filantropia, d'una schiètta carità.
La parola carità è stupènda voce, ma anche quella di filantropia, sebbène molti sofisti n'abbiano abusato, è santa. L'Apòstolo se ne servì per significare amore dell'umanità, ed anzi l'applicò a quell'amore dell'umanità ch'è in Dio medesimo. Leggesi nell'Epistola a Tito, c. II. 11 Hote he chrestotes kai he philanthropia epephane tou soteros hemon Theou (quando apparve la benignità e la filantropia del salvator nòstro Iddio....).
L'Onnipotènte ama gli uòmini e vuòle che ciascuno di noi gli ami. Non c'è dato, come già notammo, èsser buòni, èsser contènti di noi, stimarci, se non a condizione d'imitare Lui in questo generoso amore: desiderare virtù e felicità al nòstro pròssimo, beneficarlo ove possiamo.
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