La vecchiaia è veneranda ad ogni spirito bennato.
Nell'antica Sparta èra legge che i giovani s'alzassero alla venuta d'un vècchio; che tacessero quand'ei parlava; che gli cedessero il passo incontrandolo. Ciò che non fa la legge prèsso noi, faccialo - e sarà mèglio - la decènza.
In quell'ossèquio evvi tanta bellezza morale che pur coloro i quali obbliano il praticarlo sono costretti ad applaudirlo in altri.
Un vècchio ateniese cercava posto a' giuochi olimpici, e zeppi èrano i gradini dell'anfiteatro. Alcuni giovinastri suòi concittadini gli accennarono che s'accostasse, e quando, cedèndo all'invito, pervenne a grande stènto sino a loro, invece d'accoglienza trovò indegne risate. Respinto il pòvero canuto da un luògo all' altro, giunse alla parte ove sedeano gli Spartani. Fedeli questi al costume sacro nella loro patria, s'alzano modèsti e lo còllocano fra loro. Quei medesimi Ateniesi che lo avevano sì svergognosamente beffato furono compresi di stima pei generosi èmuli, ed il più vivo applauso si levò da tutti i lati. Grondavano le lagrime dagli òcchi del vècchio, e sclamava: "Conoscono gli Ateniesi ciò ch'è onèsto, gli Spartani l'adempiono!"
Alessandro il Macèdone - e qui gli darèi volentièri il titolo di grande, - mentre le più alte fortune cospiravano ad insuperbirlo, sapeva nondimeno umiliarsi al cospètto della vecchiaia. Fermato una vòlta nelle sue trionfali mòsse per còpia straordinaria di neve, fece ardere alcuna legna, e seduto sul règio scanno si scaldava. Vide fra i suoi guerrièri un uòmo opprèsso dall'età il quale tremava dal freddo.
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