CAPO DECIMOTTAVO.
Celibato.
Allorchè tu abbia preso fra le carrière sociali quella che ti conviène, e pàiati d'avere dato al tuo carattere tal fermezza di buone abitudini da poter èssere degnamente uòmo, - allora, e non prima, - se intendi aver moglie, t'adòpera ad eleggerne una che mèriti l'amor tuo.
Ma avanti d'uscire dal celibato, riflètti bène se nol dovresti preferire.
In caso che tu non avessi saputo domare le tue inclinazioni all'ira, alla gelosia, al sospètto, all'impaziènza, al duro predominio, da poter presumere di riuscire amabile con una compagna, abbi la forza di rinunciare alle dolcezze del matrimònio. Prendèndo moglie, la renderesti infelice, e renderesti infelice te medesimo.
In caso che tu incontrassi tal persona che riunisse tutte quelle qualità che ti sembrassero necessarie per contentarti e perchè ella ponesse in te l'amor suo, non lasciarti recare ad accettare una spòsa. Il tuo dovere è di rimanere cèlibe piuttosto che giurare un amore che non avresti.
Ma sia che tu soltanto prolunghi il celibato, sia che tu vi rimanga per sèmpre, onoralo colle virtù che prescrive, e sappine apprezzare i vantaggi.
Sì, egli ha i suoi vantaggi. E quelli di ciascuna condizione in cui l'uòmo si tròvi, dèbbe riconoscerli ed apprezzarli, altrimenti ei si crederà ivi infelice o degradato, e scemerà in lui il coraggio d'operare con dignità.
La manìa di mostrarsi fremebondo sui disordini sociali, e l'opinione forse che giovi esagerarli affinchè si corrèggano, indusse spesso uòmini di veemènte facondia a vòlgere l'attenzione altrui sugli scandali dati da molti cèlibi, ed a gridare il celibato èssere contro natura, èssere un'enorme calamità, èssere la causa più potènte della depravazione dei pòpoli.
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