Non èssere nè sdegnoso nè vile vèrso di loro, siccome non vorresti che vèrso di te fosse sdegnoso o vile chi è meno ricco di te.
Di que' mezzi di fortuna che hai, sii saviamente ecònomo; fuggi egualmente l'avarizia che incrudelisce il cuòre e mutila t'intellètto, e la prodigalità che guida a vergognosi imprestiti ed a non lodevoli stènti.
Tèndere ad aumentare le ricchezze è lecito, ma senza turpe anèlito, senza immoderate inquietudini, senza tralasciar di ricordarsi che da esse non dipènde il vero onore e la vera felicità, ma sì dall'èssere nòbile d'animo innanzi a Dio ed al pròssimo.
Se cresci di prosperità, cresci a proporzione di beneficènza. L'èssere ricco può andare unito a tutte le virtù, ma l'èssere ricco egoista è vera scelleratezza. Chi ha molto, dee dar molto; non v'è scampo da tal sacro dovere.
Non negare aiuto al mendico, ma non sia questa la tua sola elemòsina: grande ed assennata elemòsina si è il provvedere a' pòveri più onèsto mòdo di vivere che mendicando; cioè il dare alle divèrse arti, tanto comuni quanto gentili, lavoro e pane.
Pènsa talora che impreveduti evènti potrebbero spogliarti del retaggio de' tuòi avi e gettarti nella misèria. Troppi rovesciamenti siffatti accaddero sotto i nòstri òcchi; niun ricco può dire: "Non morrò nell'esiglio e nella sventura."
Gòdi le tue ricchezze con quella generosa indipendènza da esse che i filòsofi della Chièsa col Vangelo chiamano: Povertà di spirito.
Voltaire ne' suoi momenti di scurrilità ha finto di credere che la povertà di spirito raccomandata dal Vangèlo fosse la sciocchezza.
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