Havvi òttime còse che l'individuo solo non può fare e che in secreto non si pòssono. Ama le società di beneficènza e, se n'hai mòdo, promuòvile, scuòtile quando sono intorpidite, corrèggile quando sono falsate, non ti disanimare per le bèffe che gl'avari e gli inutili si fanno sèmpre di quelle anime operose le quali faticano a pro' dell'umanità.
CAPO VIGESIMOSETTIMO.
Stima del sapere.
Allorchè il tuo impiègo o le cure domèstiche non ti lasciano più gran tèmpo da consacrare ai libri, difènditi da un'inclinazione volgare che sògliono prèndere coloro che omai pòco o nulla più studiano: cioè d'abborrire tutto quel sapere che essi non hanno acquistato; di sorridere di ognuno che tènga in molto conto la coltura dell'ingegno; di desiderare, quasi bène sociale, la ignoranza.
Sprèzza il sapere falso; egli è malvagio: ma stima il vero sapere, che sèmpre è utile. Stimalo, sia che tu lo possègga, sia che tu non abbia potuto giungervi.
Anèla anzi ognora di farvi tu medesimo qualche progrèsso, o continuando a coltivare più singolarmente una sciènza, o almeno leggèndo buòni libri di vario gènere. Ad un uòmo di notevole condizione questo esercizio dell'intellètto è importante, non solo per l'onèsto piacere e l'istruzione che ei ne può trarre, ma perchè, avendo riputazione di colto amante dei lumi, acquisterà maggiore influenza per muòvere gli altri a far bène. L'invidia è troppo proclive a screditare l'uòmo rètto; se ella ha qualche ragione o pretèsto di chiamarlo ignorante o fautore d'ignoranza le stesse òttime còse ch'ei fa son vedute di mal òcchio dal volgo, denigrate, impedite a tutta pòssa.
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