La causa della religione, della patria, dell'onore richiède campioni fòrti, prima di virtuosi intènti, pòi di sapere e di gentilezza. Guai quando i malvagi possono dire con fondamento agli uòmini dabbène: "Voi non avete studiato e siète inamabili."
Ma per conseguire credito di sapiènte, non fingere mai cognizioni che tu non possègga. Tutte le imposture sono turpitudini, ed anche l'ostentazione di saper ciò che non si sa. Inoltre non v'è impostore cui non cada tosto la maschera, ed allora è perduto.
Tutto il prègio in che il sapere è da tenersi non dève per altro farci idolatri di esso. Desideriamolo in noi e negli altri, ma se poco ci fu possibile d'acquistarne, consoliamocene e mostriamoci candidamente quali siamo. Le molte cognizioni sono buòne, ma ciò che finalmente più vale nell'uòmo si è la virtù; e questa per fortuna è suscettiva d'allearsi coll'ignoranza.
Così, se tu molto sai, non disprezzare perciò l'ignorante. Il sapere è come la ricchezza; egli è desiderabile per mèglio giovare altrui, ma chi non l'ha, potèndo tuttavia èssere buòn cittadino, ha diritto al rispètto.
Diffondi illuminati pensièri sulla classe poco educata. Ma quali sono dessi? Non quelli che sono atti a farne gènte sciola, sentenziosa e maligna. Non le oltrespinte declamazioni che piacciono tanto ne' drammi e nei romanzi volgari, ove sèmpre gl'infimi di grado sono dipinti come eròi, ed i maggiori come scellerati; ove tutta la pittura della società è falsata per farla abborrire; ove il ciabattino virtuoso è quello che dice insolènze al signore; ove il signore virtuoso è quello che spòsa la figlia del ciabattino; ove fino i masnadieri si rapprèsentano ammirabili affinchè paia esecrando chi non li ammira.
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