Se una giust'ira può èssere opportuna, ciò avviène in rarissimi casi. Chi la crede giusta ad ogni tratto, còpre con maschera di zèlo la pròpria malignità.
Questo difètto è spaventevolmente comune. Parla con venti uòmini a tu per tu; ne troverai diciannòve, ciascuno de' quali si sfogherà teco a dirti i pretesi generosi suòi frèmiti vèrso questo e quello. Tutti sembrano ardere di furore contro l'iniquità come se soli al mondo fossero rètti. Il paese ove stanno è sèmpre il peggiore della tèrra; gli anni in cui vivono sono sèmpre i più tristi; le istituzioni non mòsse da loro sono sèmpre le pèssime; colui che òdono parlare di religione e di morale è sèmpre un impostore, se un ricco non profonde l'òro, è sèmpre un avaro; se un pòvero patisce e dimanda, è sèmpre uno scialacquatore; se avvièn loro di beneficare alcuno, questi è sèmpre un ingrato. Maledire tutti gli individui che compongono la società, eccettuati per buon garbo alcuni amici, pare in generale una inapprezzabile voluttà.
E quel ch'è pèggio, quest'ira, or gittata ai lontani, or rovesciata sui vicini, suòl piacere a chiunque non sia l'immediato oggètto di essa. L'uomo fremènte e mordace vièn volontièri preso per generoso, il quale, se reggesse il mondo, sarebbe un eròe. Il mansueto invece suòl èssere mirato con isprezzante pietà, quasi imbecille o vigliacco.
Le virtù dell'umiltà e della mansuetudine non sono gloriose, ma tiènti ad esse, che valgono più d'ogni gloria. Le universali manifestazioni d'ira e d'orgoglio non pròvano altro che l'universale scarsità d'amore e di vera generosità, e l'universale ambizione di parer migliore degli altri.
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