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      Inorridii. A tanto può giungere la ferocia? E siffatto mostro teneva il linguaggio insultante d'un uomo superiore a tutte le debolezze umane! Uccidere un innocente! un fanciullo!
     
      CAPO X
     
      In quella mia nuova stanza, così tetra e così immonda, privo della compagnia del caro muto, io era oppresso di tristezza.
      Stava molte ore alla finestra la quale metteva sopra una galleria, e al di là della galleria vedeasi l'estremità del cortile e la finestra della mia prima stanza. Chi erami succeduto colà? Io vi vedeva un uomo che molto passeggiava colla rapidità di chi è pieno d'agitazione. Due o tre giorni dappoi, vidi che gli avevano dato da scrivere, ed allora se ne stava tutto il dì al tavolino.
      Finalmente lo riconobbi. Egli usciva della sua stanza accompagnato dal custode: andava agli esami. Era Melchiorre Gioia!
      Mi si strinse il cuore. "Anche tu, valentuomo, sei qui!" (Fu più fortunato di me. Dopo alcuni mesi di detenzione venne rimesso in libertà.)
      La vista di qualunque creatura buona mi consola, m'affeziona, mi fa pensare. Ah! pensare ed amare sono un gran bene. Avrei dato la mia vita per salvar Gioia di carcere; eppure il vederlo mi sollevava.
      Dopo essere stato lungo tempo a guardarlo, a congetturare da' suoi moti se fosse tranquillo d'animo od inquieto, a far voti per lui, io mi sentiva maggior forza, maggiore abbondanza d'idee, maggior contento di me. Ciò vuol dire che lo spettacolo d'una creatura umana, alla quale s'abbia amore, basta a temprare la solitudine. M'avea dapprima recato questo benefizio un povero bambino muto, ed or me lo recava la lontana vista d'un uomo di gran merito.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Melchiorre Gioia Gioia