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      Ella aveva una semplicità ed un'amorevolezza seducenti. Mi diceva: "Sono tanto innamorata d'un altro, eppure sto così volentieri con lei! Quando non vedo il mio amante, mi annoio dappertutto fuorché qui".
      Ne sai tu il perché?
      Non lo so.
      Te lo dirò io: perché ti lascio parlare del tuo amante.
      Sarà benissimo; ma parmi che sia anche perché la stimo tanto tanto!
      Povera ragazza! ella avea quel benedetto vizio di prendermi sempre la mano, e stringermela, e non s'accorgeva che ciò ad un tempo mi piaceva e mi turbava.
      Sia ringraziato il Cielo che posso rammemorare quella buona creatura, senza il minimo rimorso!
     
      CAPO XXX
     
      Queste carte sarebbero certamente più dilettevoli se la Zanze fosse stata innamorata di me, o s'io almeno avessi farneticato per essa. Eppure quella qualità di semplice benevolenza che ci univa m'era più cara dell'amore. E se in qualche momento io temea che potesse, nello stolto mio cuore, mutar natura, allor seriamente me n'attristava.
      Una volta, nel dubbio che ciò stesse per accadere, desolato di trovarla (non sapea per quale incanto) cento volte più bella che non m'era sembrata da principio, sorpreso della melanconia ch'io talvolta provava lontano da lei, e della gioia che recavami la sua presenza, presi a fare per due giorni il burbero, immaginando ch'ella si divezzerebbe alquanto dalla famigliarità contratta meco. Il ripiego valea poco: quella ragazza era sì paziente, sì compassionevole! Appoggiava il suo gomito sulla finestra, e stava a guardarmi in silenzio. Poi mi diceva:


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





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