Gli dissi il mio scrupolo, non risparmiai parola per mettergli paura. Lo trovai saldo nella volontà di servire, diceva egli, due così compiti signori. Ciò era assai in opposizione colla faccia di coniglio ch'egli aveva e col nome di Tremerello che gli davamo. Ebbene, fui saldo anch'io.
Io vi lascerò il mio vino;
gli dissi "fornitemi la carta necessaria a questa corrispondenza, e fidatevi che se odo sonare le chiavi senza la cantilena vostra, distruggerò sempre in un attimo qualunque oggetto clandestino."
Eccole appunto un foglio di carta; gliene darò sempre, finché vuole, e riposo perfettamente sulla sua accortezza.
Mi bruciai il palato per ingoiar presto il caffè, Tremerello se ne andò, e mi posi a scrivere.
Faceva io bene? Era, la risoluzione ch'io prendeva, ispirata veramente da Dio? Non era piuttosto un trionfo del mio naturale ardimento, del mio anteporre ciò che mi piace a penosi sacrifizi? un misto d'orgogliosa compiacenza per la stima che l'incognito m'attestava e di timore di parere un pusillanime, s'io preferissi un prudente silenzio ad una corrispondenza alquanto rischiosa?
Come sciogliere questi dubbi? Io li esposi candidamente al concaptivo rispondendogli, e soggiunsi nondimeno essere mio avviso, che quando sembra a taluno d'operare con buone ragioni e senza manifesta ripugnanza della coscienza, ei non debba più paventare di colpa. Egli tuttavia riflettesse parimente con tutta la serietà all'assunto che imprendevamo, e mi dicesse schietto con qual grado di tranquillità o d'inquietudine vi si determinasse.
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Tremerello Tremerello Dio
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