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      Mi sfuggì dalle labbra, o piuttosto dal cuore:
      Gli scriverò due righe.
      Le porterò stasseradisse Tremerello; e se ne andò.
      Io era alquanto imbarazzato, mettendomi al tavolino. "Fo io bene a ripigliare il carteggio? Non benediceva io dianzi la solitudine come un tesoro riacquistato? Che incostanza è dunque la mia! - Eppure quell'infelice non mangia, non beve; sicuramente è ammalato. È questo il momento d'abbandonarlo? L'ultimo mio viglietto era aspro: avrà contribuito ad affliggerlo. Forse, ad onta dei nostri diversi modi di sentire, ei non avrebbe mai disciolta la nostra amicizia. Il mio viglietto gli sarà sembrato più malevolo che non era: ei l'avrà preso per un assoluto sprezzante congedo."
     
      CAPO XLI
     
      Scrissi così:
      Sento che non istate bene, e me ne duole vivamente. Vorrei di tutto cuore esservi vicino, e prestarvi tutti gli uffici d'amico. Spero che la vostra poco buona salute sarà stata l'unico motivo del vostro silenzio, da tre giorni in qua. Non vi sareste già offeso del mio viglietto dell'altro di? Lo scrissi, v'assicuro, senza la minima malevolenza, e col solo scopo di trarvi a più serii soggetti di ragionamento. Se lo scrivere vi fa male, mandatemi soltanto nuove esatte della vostra salute: io vi scriverò ogni giorno qualcosetta per distrarvi, e perché vi sovvenga che vi voglio bene.
      Non mi sarei mai aspettato la lettera ch'ei mi rispose. Cominciava così:
      Ti disdico l'amicizia; se non sai che fare della mia, io non so che fare della tua. Non sono uomo che perdoni offese, non sono uomo che, rigettato una volta, ritorni.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Tremerello