Pagina (86/201)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Posi il tavolino sul letto e sul tavolino una sedia, m'arrampicai sopra, e vidi essere a livello d'una parte del tetto del palazzo. Al di là del palazzo appariva un bel tratto della città e della laguna.
      Mi fermai a considerare quella bella veduta, e udendo che s'apriva la porta, non mi mossi. Era il custode, il quale scorgendomi lassù arrampicato, dimenticò ch'io non poteva passare come un sorcio attraverso le sbarre, pensò ch'io tentassi di fuggire, e nel rapido istante del suo turbamento saltò sul letto, ad onta di una sciatica che lo tormentava, e m'afferrò per le gambe, gridando come un'aquila.
      Ma non vedete,
      gli dissi "o smemorato, che non si può fuggire per causa di queste sbarre? Non capite che salii per sola curiosità?"
      Vedo, sior, vedo, capisco, ma la cali giù, le digo, la cali, queste le son tentazion de scappar.
      E mi convenne discendere, e ridere.
     
      CAPO XLIII
     
      Alle finestre delle prigioni laterali conobbi sei altri detenuti per cose politiche.
      Ecco dunque che, mentre io mi disponeva ad una solitudine maggiore che in passato, io mi trovo in una specie di mondo. A principio m'increbbe, sia che il lungo vivere romito avesse già fatto alquanto insocievole l'indole mia, sia che il dispiacente esito della mia conoscenza con Giuliano mi rendesse diffidente.
      Nondimeno quel poco di conversazione che prendemmo a fare, parte a voce e parte a segni, parvemi in breve un beneficio, se non come stimolo ad allegrezza, almeno come divagamento. Della mia relazione con Giuliano non feci motto con alcuno.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Giuliano Giuliano