Era cittadella assai forte, ma i Francesi la bombardarono e presero a' tempi della famosa battaglia d'Austerlitz (il villaggio d'Austerlitz č a poca distanza). Non fu pių ristaurata da poter servire di fortezza, ma si rifece una parte della cinta, ch'era diroccata. Circa trecento condannati, per lo pių ladri ed assassini, sono ivi custoditi, quali a carcere duro, quali a durissimo.
Il carcere duro significa essere obbligati al lavoro, portare la catena ai piedi, dormire su nudi tavolacci, e mangiare il pių povero cibo immaginabile. Il durissimo significa essere incatenati pių orribilmente, con una cerchia di ferro intorno a' fianchi, e la catena infitta nel muro in guisa che appena si possa camminare rasente il tavolaccio che serve di letto: il cibo č lo stesso, quantunque la legge dica: pane ed acqua.
Noi, prigionieri di Stato, eravamo condannati al carcere duro.
Salendo per l'erta di quel monticello, volgevamo gli occhi indietro per dire addio al mondo, incerti se il baratro che vivi c'ingoiava si sarebbe pių schiuso per noi. Io era pacato esteriormente, ma dentro di me ruggiva. Indarno volea ricorrere alla filosofia per acquetarmi; la filosofia non avea ragioni sufficienti per me.
Partito di Venezia in cattiva salute, il viaggio m'avea stancato miseramente. La testa e tutto il corpo mi dolevano: ardea dalla febbre. Il male fisico contribuiva a tenermi iracondo, e probabilmente l'ira aggravava il male fisico.
Fummo consegnati al soprintendente dello Spielberg, ed i nostri nomi vennero da questo inscritti fra i nomi de' ladroni.
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