La prima di esse, ch'era quella ch'io vedea più sovente, possedeva una dolce, straordinaria eloquenza nel dar consolazioni. Io le ascoltava con filiale gratitudine, e mi si fermavano nel cuore.
Dicea cose ch'io sapea già, e mi colpivano come cose nuove: - che la sventura non degrada l'uomo, s'ei non è dappoco, ma anzi lo sublima; - che, se potessimo entrare ne' giudizi di Dio, vedremmo essere, molte volte, più da compiangersi i vincitori che i vinti, gli esultanti che i mesti, i doviziosi che gli spogliati di tutto; - che l'amicizia particolare mostrata dall'uomo-Dio per gli sventurati è un gran fatto; - che dobbiamo gloriarci della croce, dopo che fu portata da òmeri divini.
Ebbene, quelle due buone vecchie, ch'io vedea tanto volentieri, dovettero in breve, per ragioni di famiglia, partire dallo Spielberg; i figliuolini cessarono anche di venire sul terrapieno Quanto queste perdite m'afflissero!
CAPO LXVII
L'incomodo della catena a' piedi, togliendomi di dormire, contribuiva a rovinarmi la salute. Schiller voleva ch'io reclamassi, e pretendeva che il medico fosse in dovere di farmela levare.
Per un poco non l'ascoltai, poi cedetti al consiglio, e dissi al medico che per riacquistare il beneficio del sonno io lo pregava di farmi scatenare, almeno per alcuni giorni.
Il medico disse non giungere ancora a tal grado le mie febbri, ch'ei potesse appagarmi; ed essere necessario ch'io m'avvezzassi ai ferri.
La risposta mi sdegnò, ed ebbi rabbia d'aver fatto quell'inutile dimanda.
Ecco ciò che guadagnai a seguire il vostro insistente consiglio
| |
Dio Spielberg
|