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      Veniva a dirci la messa un cappuccino. Questo buon uomo finiva sempre il suo rito con un Oremus implorante la nostra liberazione dai vincoli, e la sua voce si commovea. Quando veniva via dall'altare, dava una pietosa occhiata a ciascuno de' tre gruppi, ed inchinava mestamente il capo pregando.
     
      CAPO LXXXI
     
      Nel 1825 Schiller fu riputato omai troppo indebolito dagli acciacchi della vecchiaia, e gli diedero la custodia d'altri condannati pei quali sembrasse non richiedersi tanta vigilanza. Oh quanto c'increbbe ch'ei si allontanasse da noi, ed a lui pure increbbe di lasciarci!
      Per successore ebb'egli dapprima Kral, uomo non inferiore a lui in bontà. Ma anche a questo venne data in breve un'altra destinazione, e ce ne capitò uno, non cattivo, ma burbero ed estraneo ad ogni dimostrazione d'affetto.
      Questi mutamenti m'affliggevano profondamente. Schiller, Kral e Kubitzky, ma in particolar modo i due primi, ci avevano assistiti nelle nostre malattie come un padre ed un fratello avrebbero potuto fare. Incapaci di mancare al loro dovere, sapeano eseguirlo senza durezza di cuore. Se v'era un po' di durezza nelle forme, era quasi sempre involontaria, e riscattavanla pienamente i tratti amorevoli che ci usavano. M'adirai talvolta contr'essi, ma oh come mi perdonavano cordialmente! come anelavano di persuaderci che non erano senza affezione per noi, e come gioivano vedendo che n'eravamo persuasi e li stimavamo uomini dabbene!
      Dacché fu lontano da noi, più volte Schiller s'ammalò, e si riebbe. Domandavamo contezza di lui con ansietà filiale.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





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