Pagina (166/201)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Prese le mani di lei e se le pose sugli occhi. - Quegli occhi erano chiusi per sempre.
     
      CAPO LXXXII
     
      Le consolazioni umane ci andavano mancando una dopo l'altra; gli affanni erano sempre maggiori. Io mi rassegnava al voler di Dio, ma mi rassegnava gemendo; e l'anima mia, invece d'indurirsi al male, sembrava sentirlo sempre più dolorosamente.
      Una volta mi fu clandestinamente recato un foglio della Gazzetta d'Augsburgo, nel quale spacciavasi stranissima cosa di me, a proposito della monacazione d'una delle mie sorelle.
      Diceva: "La signora Maria Angiola Pellico, figlia ecc. ecc., prese addì ecc. il velo nel monastero della Visitazione in Torino ecc. È dessa sorella dell'autore della Francesca da Rimini, Silvio Pellico, il quale usci recentemente dalla fortezza di Spielberg, graziato da S.M. l'Imperatore; tratto di clemenza degnissimo di sì magnanimo Sovrano, e che rallegrò tutta Italia, stanteché, ecc. ecc.".
      E qui seguivano le mie lodi.
      La frottola della grazia non sapeva immaginarmi perché fosse stata inventata. Un puro divertimento del giornalista non parea verisimile; era forse qualche astuzia delle polizie tedesche? Chi lo sa? Ma i nomi di Maria Angiola erano precisamente quelli di mia sorella minore. Doveano, senza dubbio, esser passati dalla gazzetta di Torino ad altre gazzette. Dunque quell'ottima fanciulla s'era veramente fatta monaca? Ah, forse ella prese quello stato perché ha perduto i genitori! Povera fanciulla! non ha voluto ch'io solo patissi le angustie del carcere: anch'ella ha voluto recludersi!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le mie prigioni
di Silvio Pellico
pagine 201

   





Dio Gazzetta Augsburgo Maria Angiola Pellico Visitazione Torino Francesca Rimini Silvio Pellico Spielberg Imperatore Sovrano Italia Maria Angiola Torino