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      La prima fu del barone von Münch, e questi, impietosito della poca luce che avevamo, disse che avrebbe implorato di poter prolungare la nostra giornata facendoci mettere per qualche ora della sera una lanterna alla parte esteriore dello sportello. La sua visita fu nel 1825. Un anno dopo fu eseguito il suo pio intento. E così a quel lume sepolcrale potevamo indi in poi vedere le pareti, e non romperci il capo passeggiando.
      La seconda visita fu del barone von Vogel. Egli mi trovò in pessimo stato di salute, ed udendo che, sebbene il medico riputasse a me giovevole il caffè, non s'attentava d'ordinarmelo perché oggetto di lusso, disse una parola di consenso a mio favore; ed il caffè mi venne ordinato.
      La terza visita fu di non so qual altro signore della Corte, uomo tra i cinquanta ed i sessanta, che ci dimostrò co' modi e colle parole la più nobile compassione. Non potea far nulla per noi, ma l'espressione soave della sua bontà era un beneficio, e gli fummo grati.
      Oh qual brama ha il prigioniero di veder creature della sua specie! La religione cristiana, che è sì ricca d'umanità, non ha dimenticato di annoverare fra le opere di misericordia il visitare i carcerati. L'aspetto degli uomini cui duole della tua sventura, quand'anche non abbiano modo di sollevartene più efficacemente, te l'addolcisce.
      La somma solitudine può tornar vantaggiosa all'ammendamento d'alcune anime; ma credo che in generale lo sia assai più se non ispinta all'estremo, se mescolata di qualche contatto colla società. Io almeno son così fatto.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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