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      Andammo ad alloggiare alla Bella Venezia.
      Qui io era stato tante volte a lieti amicali conviti: qui avea visitato tanti degni forestieri: qui una rispettabile attempata signora mi sollecitava, ed indarno, a seguirla in Toscana, prevedendo, s'io restava a Milano, le sventure che m'accaddero. Oh commoventi memorie! Oh passato sì cosparso di piaceri e di dolori, e sì rapidamente fuggito!
      I camerieri dell'albergo scopersero subito chi foss'io. La voce si diffuse, e verso sera vidi molti fermarsi sulla piazza e guardare alle finestre. Uno (ignoro chi foss'egli) parve riconoscermi, e mi salutò alzando ambe la braccia.
      Ah, dov'erano i figli di Porro, i miei figli? Perché non li vid'io?
     
      CAPO XCVI
     
      Il commissario mi condusse alla polizia, per presentarmi al direttore. Qual sensazione nel rivedere quella casa, mio primo carcere! Quanti affanni mi ricorsero alla mente! Ah! mi sovvenne con tenerezza di te, o Melchiorre Gioia, e dei passi precipitati ch'io ti vedea muovere su e giù fra quelle strette pareti, e delle ore che stavi immobile al tavolino scrivendo i tuoi nobili pensieri, e dei cenni che mi facevi col fazzoletto, e della mestizia con cui mi guardavi, quando il farmi cenni ti fu vietato! Ed immaginai la tua tomba, forse ignorata dal maggior numero di coloro che ti amarono, siccom'era ignorata da me! - ed implorai pace al tuo spirito!
      Mi sovvenne anche del mutolino, della patetica voce di Maddalena, de' miei palpiti di compassione per essa, de' ladri miei vicini, del preteso Luigi XVII, del povero condannato che si lasciò cogliere il viglietto e sembrommi avere urlato sotto il bastone.


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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
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