Di nuovo fean di me poscia governoLa incostanza, gli esempi, ed il timore
Dell'altrui vile e tracotante scherno;
E l'ira tua mertai per tanto errore:
Ma gl'indelebili anni che passaroRitesser non m'è dato, o mio Signore!
Presentarti non posso altro riparoChe duolo e preci e fè nel divo sangue,
Di cui non fosti sulla terra avaro
Per chiunque a' tuoi piè pentito langue.
A DIO.
Et anima mea illi vivet.
(Ps 21).
D'uopo ho d'amarti, e d'uopo ho che tu m'ami,
O tu che per amar mi desti un cuore!
Son mal fermi quaggiù tutti i legami,
Tu sei solo immutabile, o Signore!
S'amo creati cuor, fa ch'io rïamiIn essi te che mi comandi amore:
Se d'altri il braccio mi sostiene alquanto,
Sostenga essi con me tuo braccio santo.
Ov'anco intorno a me sien petti cari,
No, mai bastar non ponno al mio conforto;
Spesso agitato da cordogli amariLo sguardo mio sui lor sembianti io porto;
Ma del mio mal tosto li bramo ignari,
E compongo a letizia il viso smorto,
E so che anch'essi per affetto egualeCelan sovente del dolor lo strale.
E più volte ho provato in petti umaniD'espandere l'arcana angoscia mia,
E come a Giobbe i consiglier suoi vani,
In me quelli accrescean melanconia;
E chi i gemiti miei diceva insani,
Chi crollava la testa e non capìa,
Chi fingea compatir, mentre in secretoIo lo scorgea de' miei tormenti lieto.
Sì ch'or per la pietà che agli uni io deggio,
Perchè tenera brama han del mio bene,
Ora per non esportili al vil dileggioDell'alme giubilanti alle mie pene,
Poco agli uomini parlo, e poco alleggioTra loro il duol che in me dominio tiene;
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Giobbe
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