Pietà ineffabil, sin da' miei natali.
E a quel Figliuol che terra e ciel governaPer me chiedesti e vai chiedendo aïta,
Sì, ch'io pur giunga alla sua pace eterna.
Ne' giorni più infelici di mia vitaL'invisibil tua man mi terse il pianto;
Ognor t'han miei rimorsi impietosita.
Amo, e sovra il cor mio porto col santoNome di Dio quel di Maria stampato!
Quel della Donna che a Lui siede accanto!
Della Madre che il Figlio ha per me dato!
L'UOMO.
Omia possum in eo qui me confortat.
(Philipp. 4, 13)
Capir non può l'umano spirto qualeFosse dell'uom la prima, alta natura,
Pria che i suoi giorni avvelenasse il male.
Ma di natia grandezza un resto duraPur d'Adam nel nipote sventurato,
Che un Dio, piucchè una belva, in sè affigura.
Quel corrucciarsi del suo abbietto stato
È ad un tempo alterigia e sentimentoCh'ei pel fango terren non fu creato.
Giocondo del suo pascolo è l'armento,
E se rugge il leon, rugge per fame,
E quand'è sazio, anch'ei posa contento.
Solo il mortal, benchè ogni senso sbrame,
E si sforzi a letizia, ode una voceChe in cor gli grida: - L'ore tue son grame!
Sempre muta pensier, sempre lo cuoceUopo sfrenato di scïenza o possa,
Sempre una spina a sue calcagna nuoce.
Solo fra gli animali ei pur dall'ossaDe' cari estinti aspetta vita, e crede
Sovrastar gioie e danni oltre alla fossa.
In ogni secol l'uom si vanta eredeD'avito senno e cresciutissime arti,
Ed egualmente sitibondo incede.
Ambisce ragunar tutti i cospartiLumi dell'universo, e farsi Iddio,
E rifuggongli quei da cento parti.
Agogna fama, e lo ravvolge obblio,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Figliuol Dio Maria Donna Madre Figlio Philipp Adam Dio Iddio
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