L'amor de' nostri Genii: in lor le stesseArdono industri fiamme generose
Per l'alme peregrine a lor commesse.
E più lieti n'avvampan, dacchè imposeL'Eterno a Gabriello il gran messaggio,
E Maria "la tua ancella ecco!" rispose.
In quel bel dì le sfere tutte omaggioLe prestaro, e degli Angioli reìna
Brillò una Donna di terren lignaggio!
Qual fu la gioia lor quando in meschinaStalla videro nato il Dio lattante
Al sen della Mortal, fatta Divina!
Oh felice lo stuolo vigilanteDe' pastori che l'inno udiron primi,
Nuncio alla terra del celeste Infante!
Godo in pensar che allor fra que' sublimiAngioli avevi loco, Angiolo mio,
Tu che guidarmi or degna cura estimi.
Tu l'hai veduto quell'amante Iddio
Pender bambin fra le materne braccia,
E già per me il pregavi, e t'esaudìo!
E poi seguisti di Gesù ogni tracciaPel cammin della vita, e poi vedesti
Sul fero legno sua languente faccia,
E di dolor sui falli miei piangesti!
II.
L'Angiolo! Oh amabil creatura! Un Ente
Tutto bellezza, e intelligenza e amore,
Che tutto legge nell'eternamente!
L'uom qual angiol saria se affrontatoreDella sconfitta sua stato non fosse,
Bandiera alzando contro al suo Fattore.
Ma il reo di sua stoltizia addolorasse,
E lagrime spargendo si sommise,
E Dio intese sue preci, e si commosse.
Del mortale a custodia un Angiol mise,
Che lo guidi e consoli, e ognor ripeta:
Tieni a salute le pupille fise
.
Dal giorno poi che nostra afflitta cretaIddio venne a vestire ed a noi diessi,
Dolorando e morendo, esempio e meta,
Portando noi del divin sangue impressiSulla fronte i caratteri possenti,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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