Più invidia non ci fan gli Angioli istessi.
Angioli siam noi pur, benchè gementiIn questo passeggier regno di morte:
Gesù nobilitò nostri tormenti!
Perdermi ancor potrei; ma la mia sorteFidata venne ad un guerrier del cielo:
Ei mi regge e difende con man forte.
L'Angiol che per mio bene arde di zeloAmo, e cerco, ed invoco, e benedico,
E pur di poco amarlo io mi querelo.
Ei fra' creati fu il mio primo amico!
Il Genio che svolgea ne' miei prim'anniDel Bel l'amore, ond'oggi il cor nutrico!
Il confidente de' secreti affanni!
L'incanto che i pensier m'ha raddolciti!
Il braccio che strappommi a crudi inganni!
Oh tutti voi, che da dolor colpitiGemete in questa valle, abbiate spene
Ne' tutelari Spirti a voi largiti!
Io troppo spesso ad amistà terreneVolli appoggiarmi, ed eran pochi i fidi
Che davver s'attristasser di mie pene.
I più m'amavan per sè stessi, e vidiTaluni rinnegarmi, e perfid'eco
Far contra me di vil calunnia a' gridi.
Ed io, folle, piangea! - Ma quand'io mecoSentìa il celeste amico mio verace,
L'angosciato mio core effondea seco,
Ed ei benigno v'istillava pace!
III.
Angiol mio, dove sei? Mai dal mio fiancoNon ti partir, che s'appo me non t'odo,
Tu sai quanto al ben far divenga io stanco.
Di vane inquïetudini mi rodo,
Se a me incessantemente non favelli,
E ai vili penso, e d'abborrirli godo.
Ottienmi ch'io perdonar sappia ai felli,
Ed opri ognor secondo te, secondoL'orme de' miei più nobili fratelli.
Gareggia cogli altr'Angioli che al mondoOffron nelle guidate anime forti
D'ardue virtù spettacolo giocondo.
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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