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      De' confidenti nell'amor di QuelloChe di bei fiori le convalli ammanta!
     
      Congregati alle miti aure d'un belloMattin di maggio, in copia anzi la chiesa
      Ecco stan villanel con villanello.
      Ed ecco, il piede innoltran per la scesaGiovani donne, e nel tugurio resta
      L'avola antica alle faccende intesa.
     
      Ed il sacro Pastor move la festa,
      Guidando i parrocchiani in mezzo ai prati,
      E in mezzo a' campi e in mezzo alla foresta.
     
      Mirano con dolcezza i germogliatiFrutti di quel terreno, e pel ricolto
      Litanīando invocano i Bëati;
     
      E il passegger da lunge dando ascoltoAlla rustica prece, si commove,
      Ed anch'egli a pregar sentesi volto,
     
      E forse da mal opra indi si move.
     
      Udran certo la prece devotaI Bëati che sono appo Dio;
      L'udrā l'Angel del bosco e del rio,
      L'udrā l'Angel del monte e del pian;
      E le debili umane paroleCommutando in concento divino,
      Le alzeran fino all'Unico-Trino,
      E felice la messe otterran.
     
      Ma se pur le parole dell'uomoIn concento divin commutate
      Al Signor non salissero grate,
      E vibrasse tremendo flagel,
      La preghiera che alzaro i credentiInfeconda giammai non si fora,
      Sempre i cor la preghiera migliora,
      Sempre l'uom riconcilia col ciel.
     
      E dopo l'anno in cui sole o procellaDi frutti la campagna han desertato,
      Riedono i contadini in la novellaStagion di maggio al supplicare usato.
      Di sue peccata ognun castigo appellaL'arsura o i nembi del trist'anno andato;
      Ognun con penitenza pių sinceraDa Dio depreca tai sciagure, e spera.
     
      Venga a que' giorni il vate ed il pittoreSulla bella collina d'Eridāno,
      E contempli quel quadro incantatore


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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