E sprona, e gare generose incìta?
Alme prodi son desse, a cui ben notaReligion senno e costanza infonde!
E fra tali, io con giubilo un amicoVidi primo scagliarsi all'ardue cure
Che salvaron la patria; e fra i gagliardiChe il seguitavan, godo altri a me cari
Scorgere e benedire, e vieppiù amarli!
Ma il dolor pur rammentiamoD'altre turbe supplicanti:
Stirpe misera d'Adamo,
Numerar chi può tuoi pianti?
Più d'una voltaFuron vedute
Disperar quasiDella salute
AssedïateDegne città.
L'oste che i muriIvi circonda;
Desolò questaE quella sponda;
Scevra si vantaD'ogni pietà.
Pubbliche preciLa Chiesa intima,
Anzi agli altariCiascun s'adìma,
Indi procedeIgnudo il piè.
La mescolanzaDel lor dolore,
Del loro gridoAl Salvatore,
In tutti i pettiCresce la fè.
Dopo la pompaIl capitano
Ripon sull'elsaL'ardita mano,
Ed ispiratoSnuda l'acciar,
Chi di voi senteIddio con noi?
- Tutti il sentiamo!
Sclaman gli eroi.
Apron le porte,
Vanno a pugnar.
Scossa, atterritaL'oste nemica,
A ripulsarliMal s'affatica;
Già si scompiglia,
Si dà a fuggir.
Mai non è, vintoChi vincer crede:
Negl'irrompenti,
Opra la fede:
Salva è la patriaPresso a perir!
Chi son que' ferociChe d'Asia partiti,
Di tutto Occidente
Percorrono i liti?
Rapinan, devastanoCampagne e città.
Il lor capitano
È demone od uomo?
Da niuna possanzaGiammai non fu domo.
Flagello di Dio
Nomar ei si fa.
Le Slaviche terre,
Le terre Tedesche
Sopportan sue stragi,
Sue luride tresche;
Le Gallie lo veggonoSovr'esse piombar.
Ma il barbaro in mezzoAl sangue, alle prede
Non gode, se Roma
In polve non vede;
Ed eccol dall'Alpi
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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