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      È più caro perch'ei pur ride al figlio;
      Sovente, favellando a lei d'accanto,
      S'avvede ch'ella e core e mente e ciglioTien sovra il pargol con sì forte incanto,
      Che non ha udito il marital consiglio:
      Allora ei tace e mira, e con dolcezzaIl lattante e la madre egli accarezza.
     
      Oh tristo il giorno, oh trista l'ora, quandoGiace nella sua cuna egro il bambino,
      E la giovine madre sospirandoAd ogn'istante riede a lui vicino,
      E invan teneri detti prodigandoTien sulle amate labbra il petto chino,
      Ma l'offerta mammella ei bacia appena,
      E non la sugge, ed a vagir si sfrena!
     
      Oh con qual lutto miserando alloraLa spaventata si rivolge a Dio!
      Oh come al dubbio che il figliuol le moraTrema se in lei fu reo qualche desìo,
      E perdono dimanda, e s'infervora,
      Promettendo al Signor viver più pio!
      I soli Angioli ponno anzi all'Eterno
      Sì ardente prego alzar, qual è il materno.
     
      Giorno di liete voci, ora felice,
      Quando sceman del pargolo i vagiti!
      Quand'ei cerca la dolce genitriceCon isguardi dal riso ingentiliti!
      Quand'ei di novo il caro latte elice,
      E scherzoso riprende i suoi garriti!
      Tai porge allor la madre inni d'amore,
      Quai mandar può de' Serafini il core!
     
      Ov'alti rischi fervono,
      Vieppiù la madre arditaPel frutto di sue viscere
      Pronta è a donar la vita.
     
      Ella, se fera scoppïaDivoratrice vampa,
      Verso la cuna avventasi,
      E il pargoletto scampa.
     
      Se il picciol piede illuseroDi cupo rio le sponde,
      La madre piomba rapida,
      E il tragge, o muor nell'onde.
     
      Ella, se il figlio palpitaTra infetto aere tremendo,
      Tenta i suoi dì redimere,
      Le piaghe a lui lambendo.


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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