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      Quando non era ad empietà varcato?
      E chi fia mai che irreverente imprimaIn Santuario i piedi, ove adorato
      Mirasi quanto, sceso in terra Iddio,
      Per redimerci tutti, oprò e patìo?
     
      No, qui nulla è volgar, nulla è concettoDi scempi ingegni! tutto è sapïenza!
      Rider vorrìa l'incredulo intelletto,
      E falla qui a lui stesso la impudenza:
      Qui riconoscer debbe ei con dispettoEsservi un Bel che sforza a reverenza:
      Istorïate scene del Vangelo
      Han qui una voce che rammenta il Cielo.
     
      Di Varallo i sacelli adorni sonoDi cento effigie di gentil lavoro:
      Ed una v'ha che par d'angioli un dono,
      Cotanto pinge di Maria il martoro!
      Di Maria, che in orribile abbandonoIndicibil, divin serba decoro,
      Di Maria che, abbracciando il morto Figlio,
      Frena le amare lagrime in sul ciglio!
     
      Fra gli sparsi tempietti si divelle,
      Qual tra la prole sua la genitrice,
      Qual magnifica luna infra le stelle,
      Sommo Tempio che al loco appien s'addice.
      Egli è sacro a Maria, che fra le belleSchiere de' cherubin sorge felice,
      E dir sembra a' mortali: - "Oh figli miei!
      Meco voi tutti alzare in ciel vorrei!"
     
      Non fulge dì, non fulge ora del giorno,
      Che sul monte preganti alme non meni.
      Sono pii villanelli del contornoChe invocan messi a' patrii lor terreni;
      Sono un padre sanato, e a lui d'intornoI figli suoi di gratitudin pieni;
      Son donne antiche e vergini montaneVestite a fogge in un leggiadre e strane.
     
      E queste e quelli, a varii gruppi onesti,
      Van ramingando qua e là pel monte.
      Mormoran preci, e i rai tengon modesti,
      Ed in ogni sacel chinan la fronte,
      E più si ferman dolcemente mesti


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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