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      Degg'io, poss'io da tutte cose amateDivellere una volta il mio pensiero?
      Io, le cui sorti furono esaltateDa tanto lutto e tanto gaudio vero!
      Io, le cui rimembranze innamorateHan su mia fantasia cotanto impero!
      Io, cui balzar fa sin talora il pettoVista di leve, inanimato oggetto!
     
      Reduce a' lidi miei, dopo che giacquiSepolto vivo per sė cupe notti,
      Agli affetti pių teneri compiacquiChe la sventura non avea interrotti;
      Nč agli estinti carissimi pur tacquiCulto di preci e di sospir dirotti;
      Indi a rivisitar presi le antichePagine ch'ebbi a dolce veglia amiche.
     
      E sovente su libri polverosiLa man vo riponendo tremebonda,
      Ed apro, e parmi a' giorni studïosiTornar di giovinezza, e il pianto gronda!
      E trovo i segni che ne' libri io posi,
      Ove con mente mi fermai profonda,
      Ove ad alti pensier d'amato autoreCommento fei di veritā o d'errore.
     
      Pur con sensi diversi or vi rimiro,
      O libri tanto amati a' dė primieri:
      Vate son io, ma spento č in me il desiroDi prostrarmi idolatra anzi agli Omeri.
      Se volgendo lor carte ancor sospiro,
      Magėa non č de' grandi lor pensieri:
      Pių d'un libro m'č caro, e pure in essoDi rado cerco lui; cerco me stesso.
     
      E non sol me vi cerco: alla memoriaDel me passato aggiugnesi indivisa
      Di palpiti d'amor söave istoria,
      Quando un'egregia m'infiammava in guisa,
      Ch'io per lei sola ambėa pietate e gloria,
      Ch'io sempre in lei tenea l'anima fisa,
      Che d'un sorriso suo per farmi degno,
      Sempre agognava ingentilir lo ingegno!
     
      E se pio talor fui, pregio egli č statoDi quella generosa animatrice:
      Era ad essa straniero il forsennato


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Omeri