Parve Italia con Dante uscir di cuna,
Indi Petrarca venne,
E la corona in Campidoglio ottenne.
Voce di qua dall'Alpe inclita alzossi:
Di civiltà sepolta era la luce;
Ed or novellamenteSulla terra la spargono le Muse:
L'idïoma oggi vivo affratellossiAgl'idïomi antichi, e si fa duce
Anco agl'infimi spiriti possente,
Sì ch'al ver tutte vie sono dischiuse;
Gli studii più non reggeIdolatrìa, ma del Vangel la legge".
Gloria il novo Parnaso ornò stupenda,
Nè più tutta disparve a' dì futuri;
Ma non per ciò le vieDa' sommi ingegni al ver furono aperte:
In cor del volgo non oprossi ammenda;
Spirti v'ebbe più colti e più spergiuri:
Sul Parnaso salite anco le arpìeSpesso di plauso e fiori andàr coverte,
E con immonda cetraD'influssi rei contaminaron l'etra.
Vidi un'età delle sue forze altera,
E fra le sue venture una fu taleChe nulla mai sì grande
Non pareva la terra aver lucrato,
Sebben non per real possa guerriera:
Tre savi industri (ond'un con infernalePatto a scïenze occulte, abbominande,
Esser dicea la turba inizïato)
L'arte inventaron, dondeRatto il pensier si stampa e si diffonde.
Voce sonò per l'Europee contrade:
Incivilir mai non potean le gentiFinchè sì nobil arte
Non rapivano al cielo od all'infernoI tre veggenti della nostra etade:
Or moltiplici fien tutti eccellentiFrutti di verità, sì ch'ogni parte
Prosperi della terra, al cibo eterno;
Chè, s'error nasce ancora,
Tosto convien che vilipeso mora".
Gloria sorrise all'immortal portento,
Onde crebbe ogni scritto a mille a mille;
Non più temuto dannoFu il perir de' giovanti, aurei volumi:
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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