Sempre d'Iddio vidi innegabil segno".
Così Volta parlava, ergendo al cieloLa cerulea pupilla generosa,
Poi seguitava con paterno zelo:
Degli audaci all'imper resister osa,
Che da lor alta fama insuperbitiNoman religïone abbietta cosa!
Mal per dottrina ostentansi investitiDi maggior luce che non dan gli altari:
Io negli studi ho i passi lor seguiti,
Nè scorto ho mai ch'uom veramente impariSaldo argomento a diniegar quel Nume,
Che splende nel creato anco agl'ignari.
E se d'umano spinto all'acumeDiniegare è impossibile l'Eterno,
Lui trovo pur di coscïenza al lume".
Lui troviam tutti! dissi; e mai governoDel mio cor non faranno atee dottrine,
Ma fuor del tempio assai dëisti io scerno.
E tu forse a costor più t'avvicine,
Che non a quei che dall'Uom-Dio portateEstiman del Vangel le discipline".
T'inganni, o giovin! replicò (e sdegnateSfavillaron le ciglia del vegliardo,
Poi su me si rivolsero ammansate).
T'inganni, o giovin! Nel Vangel lo sguardoFiggo come ne' cieli, ed in lui sento
Tutto il poter di verità gagliardo.
Sento che negli umani un vïolentoS'oprò disordin per peccato antico,
E che vizio e virtù son mio tormento,
Sento che il Crëator rimase amicoDe' puniti mortali; e, a noi disceso
Per esserne modello, il benedico.
Sento che siccom'Egli uomo s'è reso,
Divino debbo farmi, e tutto giornoViver per lui d'amor sublime acceso.
Sento che puote ingegno essere adornoDi ricco intendimento e di scïenza,
Della Croce adorando il santo scorno;
E m'umilio con gioia e reverenzaCol cattolico volgo a questa Croce,
E in lei sola di scampo ho confidenza".
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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