Nè da parenti assunti in Paradiso
Figlio che amolli, no, non fia diviso.
L'inferma, antica genitrice ognoraBenediceva a te con grande affetto,
Perchè al minor fratello ed alla suoraD'alta amicizia andar godevi stretto:
Furono a Giulio giovincello ancoraQuai di padre tue cure e il tuo precetto,
Ed amai Giulio perocch'ei t'amava,
E l'alma tua del nostro amor brillava.
Ah! tanto spero io più la tua salvezza,
Che sventurato fosti in sulla terra!
Or tuoi difetti, or tua leale asprezzaTi suscitàr di mille irati guerra:
E di profughi dì lunga amarezza,
E povertà t'accompagnàr sotterra:
Nè lieve a te fu duol che dolci amiciFossero al pari, o più di te infelici.
Le lagrime vegg'io che certo hai spantoQuando l'annuncio orribil ti giungea
Che, tronco della vita a me ogn'incanto,
Per anni ed anni in ceppi esser dovea:
Il Cielo sa se in mia prigion t'ho pianto,
E quai voti il cor mio per te porgea!
Sempre io chiesi per te l'inclita luceChe di tutto consola, e a Dio conduce.
Dolce mi fu dopo decenne penaRiedere alla paterna amata riva;
Ma allo spezzarsi della mia catenaD'immenso gaudio l'alma mia fu priva;
Chè di tue rimembranze era ripiena,
E già in Britannia il cener tuo dormiva!
E seppi tue sciagure, e niun mi disseSe, morendo, il tuo core a Dio s'aprisse!
Di tua vita furenti indagatori,
Per laudare o schernir la tua memoria,
Di te narraro i deplorandi erroriQuasi parte maggior della tua gloria:
Falsato indegnamente hanno i colori!
Del tuo core ignorato hanno l'istoria!
Ugo conobbi, o ingiurïanti infidi,
E tra' suoi falli alta virtude io vidi!
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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