E tu, schietta e magnanima Quirina,
Che appien di lui pur conoscesti il core,
Meco ogni dì il rammenti alla divina,
Infinita pietà del Salvatore:
Come la mia, tua dolce alma s'inchinaCon invitta fiducia e con fervore
A pro del nostro amato, onde con essoVeder per sempre Iddio ne sia concesso.
Appagar te non ponno, e me neppure,
Nessun ponno appagar su caro estintoFunebri canti o funebri scolture,
Da cui pari ad eroe venga dipinto:
Uopo han di Dio le amanti creature!
A fede e speme han l'intelletto avvinto!
Noi non chiamiamo eroe l'amico andato:
Amiam, preghiam ch'ei sia con noi salvato!
Noi d'Ugo abbiamo un giudice pietoso,
E tu sei quello, onniveggente Iddio:
Non un de' suoi sospir ti fu nascoso;
Anzi a te ogni sua giusta opra salìo.
Che festi d'un mortal sì generoso?
Dimmi se il perdonavi e a te s'unìo!
Ah, se ancor di sue piaghe afflitto langue,
Appien le asterga, o buon Gesù, il tuo sangue!
LODOVICO DE BREME.
Non obliviscaris amici tui in animo tuo.
(Eccli. 37. 6).
Dacchè miei ceppi hai franto, e il subalpinoAere di novo, o sommo Iddio, respiro,
Piena d'incanti è al guardo mio Taurino;
Ma un caro ch'io v'avea cerco e sospiro.
Qui Lodovico nacque, e parte visseDe' diletti suoi giorni, e qui patìo,
E presso a morte qui le ciglia affisseL'ultima volta sul sembiante mio.
E m'indicò le vie dov'ei soleaTrar verso sera i solitarii passi,
E il loco della chiesa ov'ei porgeaPreci, me lunge, perchè a lui tornassi.
Si ch'ogni giorno or qua or là lo veggioSmorto ed infermo, e pien di lena sempre,
Ed in ispirto al fianco suo passeggio,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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