Onde tra parte e parte ardean tuttoraPiù frequenti gli oltraggi e gli odii insani;
E perchè il volgo stolido peggioraQuando vien retto da esecrate mani,
La podestà straniera incrudelìaQuanto più il volgo oppresso l'abborrìa.
E in sì gravi sciagure, onde cotantaL'ignoranza e l'obblio dell'Evangelo,
Anche la schiera che dovrìa più santaSfavillar, perchè interprete del Cielo,
Campioni egregi aveva, sì, ma oh quantaFeccia sol mossa a farisaico zelo,
Inimica di Roma, e sovvertenteCo' rei costumi ipocriti la gente!
Su' tristi giorni suoi Carlo fremea:
Data non gli era onnipossente mano,
E pur argin gagliardo imporre ardeaA quel di vizi orribile oceàno.
Non disperò della sublime idea,
Il soccorso affidandol sovrumano,
Vide ch'altri giovar uomo può sempre,
Se a virtù somma sè medesmo tempre.
Dio benedisse quell'eroica brama,
Il suo servo su molti altri estollendo,
E tal gli die di giusto Presul fama,
E linguaggio amorevole e tremendo,
Che, mentre de' perversi ad ogni tramaFu visto questi oppor senno stupendo,
Ad amarlo costretti o a paventarlo,
Tutti il messo di Dio scerneano in Carlo.
Chè se rigore e dignitosa vitaIl Vescovo integerrimo imponeva,
Ei pria mollezza avea da sè sbandila,
E co' poveri il pan condivideva,
E l'austera sua mente era addolcitaDa quel sorriso che gli afflitti eleva;
Co' superbi terribile soltanto,
D'ogni infelice intenerialo il pianto.
Del paterno suo cor fur monumentoOspizi per famelici ed infermi,
E istituti ove sprone ed alimento!
Dato venia d'intelligenza a' germi,
E il suo forte, moltiplice intervento,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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