Colà s'innalza, e sta benedicendoColossale un'effigie i lidi amati:
L'effigie del Pastor, per cui d'Arona
Benedetto nel mondo il nome suona.
Su quell'alto colosso eran mie cigliaLungamente fissate da lontano,
E quella fè che a tutto il cor s'appigliaDa me espelleva ogni pensier profano.
Parea al mio spirto pien di maraviglia,
Che il Santo stesso, alzando ivi la mano,
Accennasse di Dio le creatureBenedir tutte, e benedir me pure!
Come allora, oggi esclamo con affetto:
Proteggi, o Carlo, la Lombarda terra,
Ed ogn'Itala sponda, ed ogni petto,
Ovunque ei sia, che preci a te disserra!
Se germe è in noi di ben, rendil perfetto,
All'opre vili insegnaci a far guerra,
Veglia su noi qual padre, ed i tuoi figliSprona e guida a vittoria infra i perigli!
SANTA FORTUNULA.
Bonum certamen certavi.
(Tim. II. 4.7).
Ed a te pur, Fortunula immortale,
La fronte mia s'atterra.
Deh! chi sarà che ne discopra qualeVivesti in sulla terra?
Nulla di te sappiam, fuorchè il bel nomeE la tomba che il porta,
E a chiari indizi di martirio, comePer nostra fè sei morta.
L'ossa inadulte e il teschio venerandoSembran dir che donzella
Eri trilustre, allor che iniquo brandoSvenò tua salma bella.
Forse del padre e della madre amataChe per Gesù moriro,
Piangendo sul sepolcro, indi infiammataSentivi te al martiro;
Nè senza loro, e senza il paradisoPiù viver, no, potesti,
E magnanima gl'idoli hai deriso,
Ed ai leon corresti.
Forse malgrado genitori insaniChe con minacce e grida,
E con tenere lagrime e con vaniSpregi voleanti infida,
Dal lor sen con angoscia ti strappavi
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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