Portato a petti in santità vissuti.
Nè so perchè sia di barbarie erroreL'aver per sacre l'ossa di que' forti,
Che a noi lasciàr d'alta virtù splendore;
Nè scorgo quale al nostro secol portiLa Chiesa oltraggio, quando ancor favelli
D'egregi estinti, e ad imitarli esorti;
E n'esorti a pensar che vivon quelliNon senza possa al Re del Cielo amici
E lor pietate ad invocar ne appelli.
A te, Religïon, credo che il dici,
Ma se tacessi, anco ragione il grida:
Anzi al Giusto si curvin le cervici!
Io così sento, e quindi appien m'affidaOgni defunto sugli altari alzato,
Bench'altri al volgo me pareggi, e rida.
E m'affida ogni tumulo illustratoDa indubitati segni, in cui ravviso
Ch'ivi hann'ossa di martir riposato.
Chè, se storia pur manca onde provvisoVenga al desìo dei posteri, a me basta
Nome d'ignoto assunto in paradiso.
Il caro nome tuo solo sovrastaEvidente alla terra, o Filomena,
Ma indarno inclito onor ti si contrasta.
Parla il tuo avello, e d'alta grazia è pienaL'ampolla di quel sangue che spargesti
Per Gesù, in chi sa qual crudele arena!
Sensi di fè, d'amor si son ridestiIn color cui tue spoglie e il venerando
Tuo dolce impero il Cielo ha manifesti.
Sensi di fè e d'amore, e donde e quandoCessaron d'esser palpiti gentili,
Che a bassi affetti inducono a dar bando?
Ah no! Color che ad una Santa umìliPorgono omaggio, memori ch'è santa,
Pronti non sono ad opre e pensier vili!
Nel memorar somme virtudi, oh quantaRiconoscenza per quel Dio si sente
Che alzò i mortali a dignità cotanta!
Il tuo sepolcro a questi dì presente
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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