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      Recar sollievo altrui venga commesso.
     
      Ma a costei non bastava entro sue muraSpander pietà, sorriso, amore e pace:
      Dello spettacol dell'altrui sventuraNel petto le scendea duol sì verace,
      Che santa spesso l'assalìa pauraD'appagarsi in virtù scarsa e fallace:
      Pareale ch'a indigenza oro gittando,
      Poco pur sia di carità al comando.
     
      Allor si fu che a visitare assunseIl tugurio di gioia derelitto;
      Allor si fu che più desìo la punseDi commoversi al gemer dell'afflitto;
      Allor, com'angiol, fra i sospiri giunseDi tapine espïanti il lor delitto;
      Allora, insieme a facil don, largivaFatiche, ambasce, carità più viva.
     
      Per alcun tempo di celar s'imposeAi leggeri del mondo i passi santi:
      Non già che paventasse le vezzoseCelie dell'alme vili ed inamanti,
      Ma perchè vereconda ella ognor poseL'orme sue pe' sentieri al ciel guidanti:
      Poi cotal luce sue bell'opre diero,
      Che ad alcun più sottrar non si potero.
     
      Fra i tristi cuori ond'era impietositaS'annovravano quei delle infelici,
      Che, sebben colpa in lor venga punitaDa universale scherno e leggi ultrici,
      A risorgere ancor bramano aïta,
      E affetti serban di virtute amici:
      Men proprii falli che gli altrui talvoltaPiù d'una d'esse han nell'obbrobrio avvolta,
     
      In pria delle dolenti incarcerateSi fe' consiglio, e al lor governo diessi:
      Da lei furo ivi pene allevïate,
      E di religïon gaudii concessi:
      Furon le trepidanti alme incorate,
      E talor vinti i cuor più duri istessi:
      Dove eran pria disordine e furore,
      Addusse pace e penitenza e amore.
     
      E non fugaci benefizi questiBrillàr di caldo ma incostante petto:


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291