Per la fatale impresa ove fu vinto;
Fors'ei nel visitar conventi ed areQueste pagine vide alluminare.
Il rimirar que' resti e quella polveChe a noi tramanda la lontana etate,
Ci dice come Dio sempre dissolveTutte le cose sulla terra nate;
Ci sublima lo spirto, ci disvolveDai vincoli di nostra vanitate:
Per la scala de' secoli il pensieroAlza sull'orme dell'eterno Vero.
Di quanti regi e prenci e capitaniFesteggiando la nascita o la morte
Questo libro servì nei riti arcaniChe al debol uomo uniscono il Dio forte!
Di quanti celebranti e sguardo e maniLo toccaro, onde ignota oggi è la sorte!
Quante labbra baciàr questo Evangelo
Di sacerdoti or glorïosi in cielo!
Forse colui che tante veglie stetteSu queste venerate pergamene,
Fu Paladin che il proprio sangue detteCol pio Luigi sull'Egizie arene,
E al santo Re l'ultimo dì assistette,
E fu ludibrio all'ire saracene,
Poi ritornato nella dolce Francia
Appese entro d'un chiostro e spada e lancia;
E venduti i suoi campi e dispensatoOgni suo avere a' poveri e alla Chiesa,
Volle che il viver suo fosse immolatoAd oscura umiltà d'amore accesa;
Eccol fattosi monaco e obblïatoDalla turba del mondo ai gaudi intesa!
Eccolo salmeggiante assiso in coro,
O in cella volto ad un gentil lavoro!
Al lavoro di splendido Messale
Che pazïentemente ei sta vergando;
E poichè per ferite più non valeSua nobil destra a servir Dio col brando,
Come già il sangue, ora con gioia egualeGli offre l'ingegno, questo libro ornando,
E gode in abbellir d'oro e di fioriQuelle preci che tanto alzano i cuori.
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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