Son trovador
, si schiudono le cinteDell'amplissima sala, ove al fulgore
Di faci innumerevoli e di gemme,
Alla guisa d'un Dio, da inebbrïantePompa sedea bëato il re de' regi.
Cinquanta arpe sonavano, ed elettiTrovadori ed elette trovadrici,
Bellissime di forma e verecondia,
Coralmente cantavano salute.
Al formidato e caro sir. Fra quelleVergini illustri, chi s'affaccia al guardo
Maravigliato d'Aldigero? È dessa!
L'inimitabil Rafaella! AlcunaEi dianzi speme non nutrìa che addotta
Ivi da' consanguinei ella venisse,
Inenarrabil giubilo s'indonnaDell'amante garzon; ma il foco ei cela,
E mira, e pènsa, e ascolta, e più di primaVago di carmi ha il fervido intelletto.
Qual di lui fassi l'esultanza, quandoOnorevol romor da tutte parti
S'alza di gente che il ravvisa e dice:
- Non è quegli Aldiger? Certo, è Aldigero!
Il famoso Aldiger! - Lo stesso Ottone
Ode il pronto susurro, e poichè tantaDell'estro d'Aldigero è qui la fama,
Vuole che un'arpa a lui si porga e canti.
Penetrato era intanto ivi Romeo,
E testimon d'onor sì grande al figlio,
Di tenerezza lagrimò: tremavaNondimeno il canuto, a cui più noto
Era che al figlio suo, quanta abbisogniInnanzi ai re prudenza; egli tremava,
Conscio dell'arditissimo desìoDi verità che in Aldiger fervea.
Ed infatti Aldiger, poste le ditaSull'auree corde, e dolcemente svolta
Ossequïosa melodìa, la sacraMaestà benedisse, indi i sublimi
Doveri commendando de' regnanti,
Osò mischiar con reverenti encomiiSentenze tai, ch'eran flagello al core
Di taluni fra i grandi, e l'infiammatoInno rivolse a pingere l'uom giusto,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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