I morbidissimi atti di quell'ente,
Gli s'avvicina con fiducia, e ardisceDirsi maggiore, - ed a quell'ente quindi
Che sė debol parea, tributi solveDi reverenza, e a sč maggior lo estima!
Per quel poter che nelle forme regnaE nella voce della donna, e astringe,
Le feroci, virili alme ad ossequio,
Dato alla donna č svolger ne' suoi dettiMirabili ardimenti; ed ardimenti
Non sembran quasi, ma sospiri e preghi.
Chi rivelato avea tal maestrėaAlla vergin de' cantici? Addolcisce
A sua voglia e fortifica. IspiravaPietā col suo tremor; poi quella voce
Dianzi timida tanto, e quell'aspettoSembran di cherubin conscio a sč stesso
Di grazia e d'autorevole potenzaIrresistibil. Ne stupisce Ottone,
Ma non puote adirarsene, e dilettoAnzi ne prova sommo. E Rafaella
Seppe scansar ne' generosi carmiQuel periglioso, indefinibil punto
Di baldanza per ottimi consigli,
Che irritar puote qual pungente biasmo;
E non pertanto ella assai disse a laudeDella giustizia ne' regnanti, e disse
Necessarii gl'indugi, ove affrettataDa esortatori fremebondi venga
Di talun la caduta. Ogni pensieroDella bella arpatrice era incalzante
A virtų, ma siccome i detti blandiDi madre, che a virtų sprona e accarezza
L'indociletto garzoncello, o comeI detti d'una figlia a pič del padre.
Quell'umiltā, quella dolcissim'arte,
Que' prorotti dal cor supplici versiVinser l'alma del grande Imperadore,
E gl'intenti ei capė di Rafaella.
Battč le regie palme, e alla percossaUnissona fur segno, onde gli astanti
Baroni il plauso prolungār sė forte,
Che ne tremaro il suolo e le colonne.
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Ottone Rafaella Imperadore Rafaella
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