Fu parimente lunghi anni sostegnoDi giustizia nel calle, e guida e sprone;
Sì che a nessun parea che dilettosoNe' poveri tuguri e nelle sale
Fervesse crocchio, ove lodato il nomeNon fosse d'Ebelin, - quell'Ebelino
Morì esecrato, ed era giusto! AmoreE compianto agli oppressi!
Un dì l'Eterno,
Come a' giorni di Giobbe, al suo cospettoAvea tutti gli spirti, e a Sàtan disse:
- Onde vieni?
E il maligno: - Ho circuitaDell'uom la terra, e non rinvenni un santo.
Ed il Signore: - O di calunnie padre,
Non vedestù l'amico mio Ebelino,
Ch'uomo a lui simil non racchiude il mondoTanta in prosperi dì serba innocenza?
E l'angiol di menzogna ambe le labbraSi morse, e crollò il capo, e disdegnoso
Disse: - Ebelin? Dov'è il suo pregio? Ei t'amaPerché di beni è colmo. Il braccio or alza,
Percuotilo, e vedrai s'ei non t'imprechi.
Ed il Signor: - Giorni di prova a' rettiForse non io so stabilir? Va; pongo
Entro a tue mani dispietate or quantoAgli occhi della terra Ebelin porta,
Fuorchè la vita.
L'avversario alloraAvventossi precipite dal grembo
Della nembosa nube, onde i mortaliAtterria lampeggiando; ed in un punto
Fu su roccia dell'alpi. Ivi giganteSi soffermò, e da questo lato i campi
Della lieta penisola mirando,
E dall'altro le selve popoloseDe' boreali, l'una all'altra palma
Battè plaudendo al sovrastante luttoD'entrambo i regni, ed esclamò: - Vittoria!
La più squisita voluttà del malePensò un momento qual si fosse, e al giusto
Fermò ignominia cagionar per mano...
Di chi? - D'amico traditore! Il colpoPiù doloroso e a dementar più adatto
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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