Nelle cupe voragini, se voce,
O aspetto di mortali, o speranze altreNon l'avesser ritratto.
- O cavaliere,
Salve.
- Scòstati, scòstati, o romito;
Oro non tengo.
- Ed oro a te non chieggo;
Ben d'acquistarne santa via t'accenno.
Vile è il mestier cui t'adducea sciagura,
Ma nobile è il tuo spirto. A me tue sortiOcculta sapienza ha rivelate:
Vanne a Bamberga; ad Ebelin ti mostra:
Grazia agli occhi di lui, grazia otterraiA' clementi occhi del regnante istesso.
Così Satan, e sparve.
Incerto è quegliSe fu delirio o visïone. Al cielo
Volge supplice il viso: in cor gl'irrompeDe' suoi misfatti alta vergogna; aspira
A cancellarli, e quindi in poi di tutteVirtù di cavaliere andare ornato.
In quel fervor del pentimento, incontraUn mendico, e su lui getta il mantello,
E sen compiace, e dice: - Uom non m'avanzaIn carità e giustizia.
E Sàtan rise,
E non veduto gli baciò la fronte.
Alla real Bamberga andò Guelardo,
Mosse alle auguste soglie, ad Ebelino
Supplice presentossi, e pïamenteDa quella bella e grande alma si vide
Ascoltato, compianto, e di non tardaAïta lieto. Un fascino infernale
Sovra la fronte di Guelardo impostoHa del demone il bacio. Allo straniero
Conglutinossi d'Ebelino il coreIn breve tempo; e nella reggia e in campo
Quei Gionata parea, questi Davidde.
Mirabile brillava ad ogni ciglioQuella forte amistà: Saran fremeva
Ch'ella durasse, e il volgersi degli anniAffrettar non potea. Nè ratto varco
Sperabil era tra i pensieri onestiChe Guelardo nodriva e la sua infamia,
Tra l'amor suo per Ebelin, tra il dolceNella virtù emularlo, e il desiderio
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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