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      Scellerato di spegnerlo. Ma il tristoAngiol si confortava misurando
      L'immortal suo avvenire. Appo sì lunghiSecoli, breve istante eran poch'anni.
      Ed intanto ci godeva, a quell'imagoChe tigre, sebben avida di sangue,
      Mira la preda, e ascosa sta, e sollazzoTragge di quella contemplando i moti
      E l'amabil fidanza, ed assaporaPiù lentamente la decreta strage.
      Dopo tanto aspettar, s'appressa il giornoSospirato dall'invido. Al novello
      Otton contrarie qua e là in Italia
      Eran le menti di non pochi, e spemeVivea secreta ch'italo Ebelino
      Secretamente lor plaudesse. Il coreDi molti era per esso, e nelle ardite
      Congrèghe entro a' castelli, ed appo il volgoSusurravan, più splendido rinomo
      Non avervi del suo; null'uom più votiA suo pro riunir; doversi acciaro
      Dittatorio offerirgli, o regio scettro.
      L'augusto sir dalla germana sedeContezza ebbe di fremiti e lamenti
      Nell'alme de' Lombardi esasperate,
      Ed a sedarle con prudenza invìaEbelino e Guelardo.
      Alla venutaDi questi sommi giù dall'alpe, e al grido
      Che fama addoppia de' lor alti pregi,
      E più de' pregi di colui, che sembraD'onnipotenza quasi insignorito,
      Ferve ognor più l'insana speme, e tuttaIn congressi pacifici prorompe,
      Ove i duo messi imperïali invanoSenno indiceano e obbedïenza.
      - O prodi!
      Così Ebelin risponde al temerarioDe' corrucciosi invito; io condottiero
      Mai contr'Otton non moverò, chè avvintoGli son da conoscente animo e onore,
      E il portai fra mie braccia. E quando insiemeDel moribondo padre suo le coltri
      Inondavam di pianto, il sacro vecchioNostre mani congiunse, e disse: - Un figlio,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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