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      Crescente invidia in sen covò tremenda.
      Novi succedon fortunati eventi,
      Ch'ognuno attesta glorïosi al sennoDell'ottimo Ebelin; ma più Guelardo,
      Come negli anni primi, or della gloriaDel suo benefattor non va giocondo.
      Ei con geloso sospettante ciglioMira la sua grandezza, e superarla
      Vorria e non puote; e detestando, sognaDall'amico esser detestate; e pargli,
      Laddove pria si belle in Ebelino
      Virtù vedea, più non veder che scaltraIpocrisia. De' pervertiti è proprio
      Non credere a virtù; d'ogni più certoGeneroso atto dubitar motivi
      Turpi, ed asseverarli: in ogni etadeCosì abborriti fur dal mondo i santi.
      Da quello stato di rancor, di menteOgnor proclive a gettar fango ascoso
      Sovra l'opre del giusto, è breve il passoAd assoluto di giustizia scherno.
      In Lamagna Guelardo ad altri uffiziDi grande onor da Ottone è richiamato,
      Mentre Ebelin nell'itale contradeResta moderator. L'ingrato amico
      Sospetta ch'Ebelino abbia con arteTal partenza promosso, a fin di trarsi
      Uom dal cospetto che in secreto esècri.
      Del congedo gli amplessi ei rende a quello,
      Ma senza avvicendar come altre voltePalpiti dolci di desìo e di pena.
      Infinto ei crede ogni atto ed ogni accentoDel più sincero degli umani, e parte
      Coi fremiti dell'odio, e maturandoDi non avute offese alta vendetta.
      - Cieco tanto io sarò che vero estimiSuo rifiuto ai ribelli? Or che si vaste
      Son le congiure? Or che da lunghe e infausteGuerre è stanco l'impero? Or che d'illustre
      Nome a capitanarla, e di null'altro,
      La penisola ha d'uopo? Or che oltraggiataDalla superba, greca, invida nuora


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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