È quell'antica d'Ebelin fautrice,
La vantata Adelaide, che alle umìliOmbre de' chiostri dalla reggia mosse?
Or che Tëofania palesementeLacci a lui tende e sua rovina agogna?
Il menzogner di me diffida: i viliDiffidan sempre! Allontanarmi volle
Non senza mira ostil: me di qui togliePer regnar sol, per non aver chi forse
Sua sapïenza e sue prodezze oscuri.
All'amico ei rinuncia; ei nelle schiereDel suo tradito Imperador mi brama,
Nelle schiere d'Otton, contro a cui l'astaScaglierà in breve; e tanto orgoglio è in lui,
Che nè lo sdegno mio, né la sagaciaNon teme, né il valor! Perfido! io mai
Stato non fora a tua amicizia ingrato;
Alla mia ingrato ardisci farti: trema!
Valor non manca al vilipeso e sennoDa smascherar tua ipocrisia. Ludibrio
Ne fur bastantemente il sire, i grandi,
Le sciocche turbe, e insiem con loro io stesso!
Così nel suo vaneggiamento infameS'agita l'infelice, e non s'accorge
Che il re d'abisso più e più il possede;
Così travolve le apparenze ogn'uomoChe a livor s'abbandoni:
Ecco Guelardo
Giunto ai reali di Bamberga ostelli;
Eccolo assaporante i nuovi onori,
Ma com'egro che, misto ad ogni cibo,
Sente l'amaro della propria bile.
Più sovra il labbro di Guelardo il nome,
Come già tempo, d'Ebelin non suona,
O su quel labbro se talvolta suona,
Laude non l'accompagna, e il favellanteImpallidisce, e torvamente abbassa
La pensosa pupilla irrequieta,
E la rïalza sfavillando; e ognunoScerne che di compressa ira sfavilla.
Del mutamento avvedasi esultandoTëofania, s'avvedono i suoi fidi,
E al convito di lei con gran decoro
| |
Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
|
|
Ebelin Adelaide Tëofania Imperador Otton Guelardo Bamberga Guelardo Ebelin
|