E s'addormenta un'altra volta. E vedeIl tempo antico e la città solenne
Ove sorge il Calvario, e là pur vedeDi Getsèmani l'orto, ed appressarsi
Una frotta d'armati, e Iscarïote
Dare il bacio alla vittima!... Ed oh vista!
Iscarïote era Guelardo!
BalzaSpaventato destandosi Ebelino,
E que' tre sogni avvertimento estimaDell'angiol suo. Fuggir vorrìa; ma dove?
Ma perchè? Fugge l'innocente mai?
Pochi istanti anelò fra que' pensieriDi stupor, di tristezza, e piena d'armi
Fu ben tosto la soglia. Udì Ebelino
Che dal suo Imperador venìan que' ferri,
E il cenno di seguirli: ai manigoldiCesse con muto fremito la spada,
E porse ai ceppi gli onorati pugni.
Quasi ladro il trascinano, e Milano
E tutta Lombardia mira quel crolloSì inopinato. Il prigioniero obbrobri
Soffre inauditi; e non sarìagli penaDagli sgherri soffrirli: itale voci
Lo irridon per la via, maledicentiAl passato suo lustro. E quale esclama:
- Va, di rivolte eccitator maligno!
Va, scellerata causa, onde su noiCesare versa il suo tremendo sdegno! -
Qual: - Va, codardo degli Otton mancipio,
Che d'Italia campion far ti negasti!
Ben or ti sta de' tuoi servigi il premio! -
Qual più schietto prorompe: - Erami noiaUdir chiamarti il giusto; alfin delitti
Potrem di te sapere ed abborrirti!
Quant'è lunga la via sino a' confiniDelle italiche valli, Ebelin tacque
Degli spregi sofferti. Allor che in cimaDell'alpe fu, rivolse gli occhi, e alzando
Le incatenate braccia, - Oh maledettaTroppo da' vizi tuoi, misera patria,
Sclamò, non io ti maledico! Il cieloFigli ti dia che s'amino fra loro,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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