Preclusa è a me di scampo ogni fiducia;
Anzi alle leggi mia supposta colpa
È attestata abbastanza. Altro non possoSe non gli estremi del mio zelo sforzi
In quest'istante consecrarti, o sire,
Tai verità parlandoti, che forsePiù non udresti, se da me non le odi.
- T'ascolto, disse il rege.
Ed Ebelino
La propria causa obblïar parve, e diessiA svolgere di stato alti consigli,
I bisogni quai fossero additandoDelle schiere, del popol, dell'altare,
De' tribunali, e della reggia stessa:
Quali i provvedimenti unici, rottiEd efficaci ad impedir l'ebbrezza
Delle rivolte, a raffermar lo impero:
Quali de' prischi imperadori, e qualiDel magno Otton le più laudabili opre,
E quai le insane; e come arduo ognor siaSeguir le prime e non errare; e come
Gli egregi prenci a errar tragge talvoltaAdulante caterva. Accennò alcuni
Del sir lusingatori, accennò il vileCangiarsi di Guelardo: e brevi furo
Su lor suoi detti, e non degnò que' nomiD'anime basse proferir neppure.
Ma que' rapidi detti eran gagliardi,
Siccome piglio di paterno braccio,
Che sovra l'orlo d'un dirupo afferraPerigliante figliuolo.
Otton si scuote.
Da verità sì energiche, da sennoSì giusto e luminoso ed esaltante
Non era stato mai colpito. In altriColloqui a' dì felici il buon ministro
Parlava il ver, ma forse in più graditaGuisa, sparmiante del suo re l'orgoglio.
Ora è il parlar solenne, il grido urgenteD'uom, che vicino a morte anco un tributo
Di fedeltà solve al monarca e al dritto,
Tutto dicendo che giovar del pariSembrigli al trono e alle regnate genti.
Alla beltà del vero e del coraggio,
| |
Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
|
|
Ebelino Otton Guelardo
|