E di quel dignitoso intenerirsiChe da alterezza vien compresso, e pure
Nella voce si sente e ne' benigniSguardi si vede, unģasi in Ebelino
Da natura sortita un'armonģaDi nobili sembianze e di contegno,
Talchč valor pił prepotente davaA sua favella, ed escludea il supposto
D'ogni viltą, d'ogni codarda astuzia,
E facea forza a Otton. Perocchč Ottone
Stranier non era a simpatia per cuoriDi grandissima tempra. E fu vicino
A cedere, a gettare ambe le bracciaDel prigioniero al collo, al gridar: - Falsa
Tengo ogni accusa contro al mio fedele!
Ma Sątan vide quell'istante, e spinseTėofania d'Augusto in cerca.
BellaEra la greca donna e di vivaci
Grazie adorna, e scaltrissima e pungenteNe' suoi sarcasmi, ed irridea talvolta
La bonaria alemanna indol con mottiQuasi di spregio; e di quei motti spesso
Arrossia Ottone. E perocch'egli amava,
L'affascinante sposa, ambia piacerleE far pompa d'accorta alma inconcussa,
E a tal cagion solea de' generosiSensi in cor frenar gl'impeti al suo fianco.
Salutata dall'armi, il passo inoltraFra le colonne di que' regii lochi
La incoronata, e stabilisce e fremeIn vedere Ebelino; e sovra Ottone
Lancia quel guardo che dir sembra: - Stolto!
Sedur ti lasci?
Tanto, oimč, bastavaA confondere il sire! Eccol a un tratto
Con pił severa maestą atteggiarsiVerso il captivo, e dir: - Riedi: a me il vero
Tutto paleserassi; e tu, innocente,
Gloria n'avrai; prevaricato, morte.
Torna Ebelino al carcere, e gią scerneChe inevitata č per lui morte. Oh come
Lenti di nuovo i dģ, lente le nottiVolgon per lui!
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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