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      Quel sempre assomigliarsiD'una all'altr'ora, e la perpetua veglia,
      Ed il perpetuo tenebrore - e i cibiImmondi e scarsi - e l'aspreggiante voce
      Di questo o quello sgherro - e il frequent'urloD'altri prigioni disperati, in cupe
      Vicine volte seppelliti - e il suonoDe' ceppi loro, e quel de' propri - e il canto
      Osceno del ladron che, bestemmiando,
      La forca aspetta - e i gemiti dell'egroForse non reo che sulla paglia spira -
      E il sollecito passo delle guardieChe dicono: "Č spirato!" - e questo detto
      Che l'echeggiante corridoio in guisaRipete orrenda - e il pianto d'un amico
      Che, udendo il nome dell'estinto, gridaDal fondo d'un covile: "Ahi! gli sorvivo!" -
      E per dispregio di quel pianto il ghignoOd il sibilo infame di coloro
      Che trascinano il morto - e, con siffattaSerie d'inenarrabili vicende
      Di castel, che i perenni affiguravaDell'abisso tormenti, il ricordarsi
      De' dė sereni che svanėr, de' plausi,
      Delle liete speranze, e, pių di tutto,
      De' dolci affetti - ah! quella č tale immensaCongerie di dolori e di spaventi,
      Che dissennar minaccia ogni pių forteE sdegnoso intelletto! E se si ponno
      Da intelletto simil serbar talvoltaContro all'empia fortuna altero scherno,
      O pensieri di pace e di perdono,
      E di fede nel cielo, ahi! pur quell'oraAmarissima vien che ineluttata
      Mestizia il cor miseramente serra,
      E non v'č chi consoli! Ed altre pariA quell'ora succedono, e d'angoscia
      In angoscia si cade! Ed un'ardenteSmania investe il cervello, ed impazzato
      Esser si teme o brama! E il generosoPetto chiuder non puossi all'irrüente


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291