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      Che alcun de' tanti, su cui sparsi aveaSuoi benefizi, or con repente mossa
      D'onore e gratitudin s'offerisseA combatter per esso: - attese indarno.
      Spunta il dì della morte, ed Ebelino
      Vien tratto innanzi a' giudici; e Guelardo
      La sentenza gli legge! Il condannatoUdì, chinò la fronte, e rese grazie
      Tacitamente a Dio che al sacrificioTermine alfin ponesse; e bramò ancora
      Una volta veder la genitrice.
      Venne l'antica, e insiem si consolaroCon nobil forza alterna, e con alterne
      Religïose cure. Ella ed un pioMinistro del Signor soli eran consci
      Dell'innocenza d'Ebelin. VeloceScorre quel sacro tempo, e omai gl'istanti
      Sovrastan del patibolo. UmilmenteProstrasi ancora innanzi al sacerdote
      Il giusto cavalier; quindi si prostraAnzi alla madre, ed ella il benedice,
      E si dividon sorridendo, e in cieloRiabbracciarsi in breve speran.
      MovePer le vie tra i carnefici, agguagliato
      Al più vil masnadiero, e contro a luiInsane urla di scherno alzan le turbe.
      Di quegl'inverecondi ultimi segniDell'odio altrui stupìa, ma per le turbe
      Egli pregava. Ed arrivato al palco,
      Con fermo passo ascese, e parlar volle;
      Ma sue parole non s'udir, sì orrendiVituperi sonavano. Ed allora
      Accennò egli medesimo al percussore,
      E siede sullo scanno, e tosto il colloMise sul ceppo - e la mannaia cadde!
      L'angiol della calunnia, abbenchè indurreNon avesse potuto alla bestemmia
      Il retto cavaliere, e or si rodesseInvido i pugni, l'alta anima a Dio
      Salir veggendo - audacemente "Ho vinto!"
      Volea sclamar. Ma pria che la menzognaIntera uscisse dell'infame petto,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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