Gentil, ma entusïastico. NatìeLe pedemontanine aure in che vive
A lei non son; romano è sangue; e il padreD'Elina, de' ribelli ognor nemico,
Morì con gloria in campo. Ella supporreNon potria mai che Irnando ingiustamente
Odio porti a Camillo. A lei Camillo
Noto non è, ma sel figura indegno,
Irreconcilïabile, covanteSempre perfidie. E motto mai non dice
Per calmare il marito allor che l'odeFremer contra il vicin.
Folli stranezzeDel core umano! Irnando, ancorchè fiero
Più di Camillo, e a malignar proclive,
Più bei momenti non avea di quelli,
In che, pensando alla sua dolce infanzia,
Questo o quel nobil detto o nobil attoDel caro, oggi abborrito, ei ricordava.
In quei momenti (e rivenian di spesso)
L'alma gli sorrideva, immaginandoQuando ad entrambo tornerìa dolcezza
Esser amici ancor: ma appena accortoDi questo desiderio, ei ripigliava
A esacerbarsi, a biasimar sè stessoDi soverchia indulgenza, ed intimarsi
Perseveranza d'astio e di disprezzo.
Vedute in tanti cavalieri aveaMutazïoni di principii abbiette!
Gli uni servi al buon prence, indi congiuntiPerfidamente all'avversario suo;
Gli altri farsi un Iddio del tracotanteContenditore al trono, e poi, caduta
La sua potenza, irriderlo. E di taliApostasie si repetea sovente
La turpe inverecondia. E le più altereAlme se ne sdegnavano, e temendo
Apostate parer, persistean truciNe' giurati decreti, ove decreti
Sconsigliati pur fossero. Ogni voltaChe Irnando dalle sue balze rimira
Il castel di Camillo, e rivolgendoVa quanto spesso col diletto amico
In quelle sale, a quel verron, su quelle
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Elina Irnando Camillo Camillo Camillo Iddio Irnando Camillo
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